Io, Noi

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Cambiare vita, un po’ per forza e un po’ per coraggio, è una grande responsabilità pratica e intellettuale. Nel mio caso specifico, un’impiegata che sceglie la via contadina è una pazzia agli occhi di qualcuno, una rinascita a quelli di molti. Ma oggi, ciò che si percepisce inizialmente in un cambiamento è la sua valenza economica e la prima considerazione che si fa è in merito al posizionamento sul mercato. Sfugge, così, come se fosse una nota a piè di pagina, la lettura principale: la capacità stessa di cambiare, di “ambientarsi”, di mutuare dal nuovo contesto anche nuove prospettive.

Non è un astruso collegamento iper-testuale associare il cambiamento personale alla convivenza solidale. Cercare dentro di sé la resilienza, provare a diventare intelligente come le piante che sviluppano in lentezza la loro solo apparentemente immobile esistenza e imparare da una delle tue giornate come potrà essere la prossima non è un percorso che si può fare in solitaria. È un risultato a cui arrivi abbastanza presto se ti poni in ascolto e lasci che la Natura parli per te. Per quanto una vita così, strappata allo  strombazzante “life style” degli spot pubblicitari,  cerchi di sedurti all’idea di un “hortus conclusus”, di un arroccamento totale e difensivo, appartata come sei tra il sole silenzioso di primo mattino e la stanchezza infinita della sera, è proprio dalle piante che si impara il valore assoluto della sinergia, della consociazione. C’è poco da essere isolazionisti quando cominci a comprendere in che modo agisce la terra. radicchio

Aldilà della visione puramente attivista dell’agricoltore moderno che può e deve difendere consapevolmente la propria terra dagli attacchi esterni – dall’inquinamento legale di fitofarmaci come da quello illegale della Terra dei Fuochi in cui vivo – c’è una dimensione fatta di “altri”, un riscoprire la gente e ciò che la muove, un legarsi e slegarsi agli Uomini che rende un’assoluta novità il tuo modo di stare a questo mondo.

Il tanto gridato individualismo, in una società dove tutto è slogan, diventa in fretta una parola priva di significato se non ci si sforza di capire da cosa trae origine e quanto sia radicato in ognuno di noi. E’ diventato più di una malattia asintomatica e serpeggiante: è quasi un codice genetico. Lottare per snidarlo è un processo interiore che richiede grande onestà intellettuale e libertà dai condizionamenti: implica un desiderio di nudità. Detto nell’Epoca dei Mille Inutili Orpelli, è una sfida seria.

Eppure, se ci affidassimo alla Natura, o quantomeno ad una lettura del procedere delle cose senza infingimenti e suggestioni, potremmo riflettere su alcuni punti che abbiamo dimenticato o più semplicemente ignorato.

Sapremmo così che “in-dividuus” sta per “indivisibile”, un termine preciso ad indicare nell’essere umano una centralità dell’esistere che non è solo culturale, ma organica: le piante non sono definite individui perché, diversamente da noi, replicano in ogni loro parte tutti gli organi vitali. Se private di una di queste parti, continuano a vivere ugualmente e per poter continuare a vivere, oltre a sviluppare una fortissima resilienza, capiscono il senso della sinergia e della consociazione in maniera spontanea: la zucca o il fagiolo, per esempio, muovono i loro cirri dove sanno che troveranno un supporto sul quale arrampicarsi. Molti fiori – è conoscenza antica – come nasturzi e petunie, aiutano le piante eduli a difendersi dagli insetti nocivi.

Potremmo capire anche che la cooperazione, a differenza di quanto ci viene costantemente ripetuto, è una delle modalità privilegiate dall’Universo per la conservazione delle specie: la competitività di stampo darwiniano non è l’unica chiave di lettura. I biologi sanno che, in contesti di equilibrio, è il comportamento cooperativo che favorisce il successo tra le specie. Non vince sempre il più forte, ma anche chi è capace di lavorare con gli altri e per gli altri. E se applicassimo questa semplice evidenza all’economia e a tutte le altre categorie culturali che dall’economia meccanicistica sono state depredate, la brutalità non sarebbe più il tratto distintivo dell’era moderna. O lo sarebbe infinitamente meno.

mandarinoPerciò, passare dall’Io al Noi non è solo un dovere morale o una finalità etica da perseguire con tutte le nostre forze intellettuali: è già nella nostra Natura. E la terra – impareremmo –  non pensa mai al bene di uno solo: un unico albero di mandarini, in un’annata buona, produce molti più frutti di quanto una famiglia numerosa possa consumarne.

Che esplodano dunque gli orti e si aprano al mondo, che ognuno lavori su sé stesso per mettere da parte il protagonismo e che non sia sempre il risultato strettamente economico a guidare le nostre scelte. E’ un’avventura continua quella tra la gente, un viaggio affascinante verso il cuore pulsante dell’umanità. E anche se è difficilissimo e oneroso di questi tempi associarsi, cooperare e stare insieme, dobbiamo rimanere saldi nella convinzione che è questo il nostro gene più fecondo: dobbiamo ricordare che non siamo poi così in-divisibili, ma anche e soprattutto – passatemi il termine – “con-divisibili”.

Miriam Corongiu

Per approfondimenti:

“L’intelligenza silenziosa e sconosciuta delle piante” su Internazionale, 8 febbraio 2016

“Bioeconomia”, Nicholas Georgescu-Roegen – a cura di Mauro Bonaiuti, Bollati Boringhieri, 2003

Fonte foto in evidenza: www.pionero.it

Articolo pubblicato su Decrescita Felice Social Network:

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